Diciamo che dai 15 ai 25 anni tutti siamo idealisti, ci innamoriamo dei concetti di equità, giustizia, amore per il prossimo, salvaguardia dell’ecosistema e chi più ne ha più ne metta. Un periodo che tutti attraversiamo, ognuno a modo suo ma accomunato dalla voglia di cambiare il mondo gretto meschino e grigio in cui ci troviamo; poi si cresce e si cambia atteggiamento verso la vita.
Quelle che prima erano battaglie in cui ci si buttava lancia in resta, diventano punti di riferimento, ma il disincanto ci permette di vedere con maggior chiarezza, e se siamo persone con sani principi cominciamo a cambiare noi stessi per migliorare la realtà che ci circonda.
Ciò non accade per tutti, c’è chi resta idealista a vita, perdendo l’occasione di crescere, di evolversi; e poi c’è chi si arrende all’idea che mai riuscirà a cambiare il mondo e deluso si adeguerà a ciò che la società, la moda o il credo impone.
Mi reputo una fortunata, perché sono uscita dalla bambagia familiare a 19 anni, nel corso dei 10 anni successivi mi sono scontrata col mondo e mi sono ferita, ma sono anche guarita da quelle ferite. Intorno ai 30 anni l’insoddisfazione regnava sovrana, così mollo il lavoro e mi iscrivo all’università, dopo il primo anno prendo coscienza che Napoli non poteva offrirmi nulla, vedevo solo un sacco di porte chiuse, così mi trasferisco a Parma. Nuova vita, nuove amicizie e nuove possibilità, ma il tempo passa e l’insoddisfazione torna, più prepotente di prima, ricomincio a pensare che l’unica è cambiare città … “un momento ma l’ho fatto già sto discorso!” questo pensiero mi rischiara come un lampo a mezzanotte e mi mette di fronte al fatto inelluttabile che la mia insoddisfazione non dipendeva dal contesto, ma da me. Esclusivamente da me, che avevo 33 anni e non sapevo ancora cosa fare da grande (Ho scoperto poi che ero in piena crisi biografica).
Con l’aiuto dei Fiori di Bach, ho preso coscienza di tante cose che mi erano state inculcate, dalla famiglia e dalla società, il percorso non è stato liscio come l’olio, ma è solo così che si può crescere. Da allora ho smesso di agire solo per non dispiacere agli altri, mi sono misurata col mio carattere, i miei pensieri, le mie convinzioni e messo in discussione tutto più volte.
Adesso sò che non ho certezze, ho ancora tanto da imparare e cerco di farlo con la mente aperta, e mi infastidiscono quelle persone che per certe mie affermazioni mi collocano nei loro cassettini con le loro belle etichette sopra, includendomi ora in un gruppo politico, ora in un altro; tacciandomi di essere ignorante se non la pensi come loro sui vaccini, oppure di essere estremista quando affermo di non mangiare animali e loro derivati, di essere fascista se mi mostro critica nei confronti di certe scelte europee, o meglio non scelte, quando si parla di migranti.
Sono stufa di essere etichettata solo perché non la penso come loro. Non che la cosa disturbi il mio sonno, sia chiaro, ma penso che certe persone non abbiano affrontato ancora i loro demoni e li scorgono in chi da voce ai loro dubbi e paure, e perciò li attaccano. Provare a capire il pensiero altrui significa mettersi in discussione ed abbandonare le sponde sicure per avventurarsi in mare aperto, dove puoi incappare in una tempesta e dove le insondabili profondità possono irresistibilmente attirarti.
La paura è lecita, ma se essa non ti permette di muoverti e di metterti in discussione allora non è sana.
Di seguito un po’ di frasi su cui riflettere:
Solo i più saggi o i più stupidi degli uomini non cambiano mai. – (Confucio)
“Si fa così da anni” è la confessione che il sistema non funziona. – (Deming William Edwards)
L’uomo che non muta mai la sua opinione è come acqua stagnante e alleva rettili nella mente. – (Marion Woodman)
Il bambù che si piega è più forte della quercia che resiste. – (Proverbio giapponese)